Turpiloquio

tongue-tattoo2Le parole hanno un peso, le parolacce anche di più. Oltre infatti a colorire, caratterizzare senza mezzi termini discorsi, emozioni e stati d’animo, hanno anche il potere di essere liberatorie, consolatorie e a letto addirittura eccitanti. Si dice in giro che il turpiloquio sensuale piaccia di più agli uomini che alle donne e che questi, anche sotto le lenzuola, siano spesso obbligati a tenere a freno la lingua. Alcune donne infatti, si sentono davvero offese dalle parolacce a letto, e sembra che sentirsi chiamare troia piuttosto che amoruccio, provochi in loro un effetto totalmente opposto a quello che il partner vorrebbe suscitare. E allora, sia che piacciano di più a lui o a lei, come tutti i desideri, anche la brama di dire parolacce nell’intimità è qualcosa che non può essere imposto, ma un piacere che deve essere apprezzato e condiviso.

Le parolacce a letto hanno il potere di accendere le voglie, funzionano proprio come riscaldamento a desideri più arditi, infiammano e preparano la passione. Ma perché? Prima di tutto per il fatto che rappresentano qualcosa di proibito, e quindi abbandonarsi al turpiloquio è liberatorio proprio come fare sesso, stare nudi, dare libero sfogo agli istinti, insomma lasciarsi andare, separarsi da ogni costrizione e ogni freno inibitore. Poi perché, l’erotismo, l’eccitazione e la passione non vivono solo di pelle, di carezze sensuali, ma si originano e scaturiscono da tutti i sensi, compreso l’udito.

E se allora è ben facile comprendere il rapporto che il sesso ha con il gusto, sia nell’ottica di piacere del cibo ma anche e soprattutto in quella di assaporare intimità più fisiche, perché davanti all’uso di parole un po’ spinte o a descrizioni scabrose resta più difficile comprendere il piacere di ascoltare e soprattutto rispondere a tono?

Prima di tutto perché siamo portati a connotare come sconce, o peggio come sporche, tutte quelle situazioni descritte tramite l’uso di parolacce, e poi perché c’è una sorta di imbarazzo, di timidezza, di remora morale che ci impedisce di chiamare liberamente certe cose, con il loro nome. Non è detto infatti, che siano eccitanti solo determinati appellativi buttati tra un ansimare e l’altro, c’è anche chi ama parlare, e parlare tanto, da descrivere quello che si sta provando e soprattutto quello che si sta facendo. E in quel caso non si tratta semplicemente di parolacce fini a se stesse, ma davvero di connotare e delineare situazioni e parti fisiche. Da qui quindi l’esigenza, a tutti comprensibile, di usare la parolaccia cazzo piuttosto che il nome dell’organo o sinonimi più innocenti come coso o peggio.

Ma scelte dialettiche a parte, il turpiloquio, o semplicemente l’ormai sdoganata parolaccia che sta ad indicare l’organo sessuale maschile pronunciata in situazioni sensuali, è provocante e trasgressivo anche e soprattutto quando non si è abituati a usarlo. Molto stuzzicante è infatti anche guardare l’imbarazzo o quella sorta di timida incertezza, mista a impacciato stupore, che si prova a pronunciare parole sconce in certi ambiti.

E allora, visto che del turpiloquio sensuale, torneremo a scriverne presto, intanto imparate e prendete familiarità con l’ erotico piacere di mettervi delle parole volgari in bocca