La tragedia della coppia felice consiste nel fatto che al diavolo, assertore del no sin dai tempi della creazione, non viene accordato nessun diritto di residenza, alcun posto attorno al focolare domestico.
La coazione della perfida complementarietà non consente né alla donna né all’uomo di condividere apertamente con l’altro i propri bisogni e sentimenti più profondi. L’amore consiste nell’arrendersi e nel dedicarsi attivamente al TU, quindi nel condividere con il TU. Due persone che si amano dovrebbero partire dal presupposto che non si completano in nessun senso, ma nonostante questo si amano. La pressione al completamento dell’altro inibisce non solo la comunicazione reciproca ma anche l’autorealizzazione del singolo individuo all’interno della coppia.
Persino la momentanea freddezza del compagno/a nel rispondere ad un preciso comportamento ha diritto ad uno spazio in un rapporto che si fonda sull’amore. Anche i componenti di una coppia felice possono essere infedeli a dispetto delle reciproche professioni di fede. Allora minimizzano il loro voltafaccia chiamandolo “innocente scappatella”, anche se questo li fa sentire di nuovo vivi per la prima volta dopo molti anni. Non vogliono riconoscere che “l’innocente scappatella” esprime un NO reale, un “no” che già da tempo influiva segretamente nella relazione con il compagno di vita. L’ideologia della complementarietà nasce dalla premessa che con la buona volontà e l’onesto impegno la vita a due diventa “più positiva” e che le “esperienze positive” prevalgono. Su questa premessa si fonda la paradisiaca visione di un mondo in cui distruzione e morte non sono soltanto incidenti di percorso: tutto nella realtà potrebbe essere buono, armonioso e costruttivo. Simili ideologie di desiderio del paradiso possono attrarre solamente quelle persone che non conoscono la conflittualità delle proprie emozioni.
Queste emozioni straordinarie e vivificanti, ma anche queste emozioni distruttive si risvegliano in due persone legate l’una all’altra anima e corpo. Nel rapporto d’amore esistono anche emozioni confuse, folli, cattive, insieme al problema di come gestirle. Le tendenze distruttive non devono essere necessariamente agite, tuttavia devono essere riconosciute.
Dalla tensione tra si e no, bene e male, costruzione e distruzione, vita e morte, scaturiscono energie, forza e significato per le vite di due persone che si amano. Nella “coppia felice” non c’è spazio per simili esperienze contraddittorie. La “coppia felice” incarna il sì di una convivenza ordinata e organizzata. Il “no” tuttavia, non può essere spazzato via. Esso crea segrete sacche di resistenza. Più felicemente i partner di una “coppia felice” si sorridono, tanto più ostinatamente innalzano inconsce barricate l’uno contro l’altro. La freddezza, il disprezzo, il silenzio e l’odio prosperano.
In tutte le “coppie felici” l’amore muore, anche se in modi diversi. La coppia felice sembra voler vivere secondo un nobile ideale, l’ideale di un rapporto la cui armonia non sia mai turbata dall’esterno. La struttura aperta di una coppia si esprime anche nell’atteggiamento verso amici e conoscenti e verso i problemi sociali e politici. La cerchia di amici consente di comunicare qualcosa di me al mio compagno, cosa che non sarebbe possibile comunicare nell’esclusività del rapporto a due. Il giro di amicizie aperte fa emergere costantemente nuovi aspetti di entrambi, cosicché crescono sia la comunicazione che la riflessione dell’immagine-guida, cioè la percezione di sé attraverso la percezione del Tu. L’”egoismo a due” è il segno che conrtraddistingue la “coppia felice” che non riesce ad affrontare la realtà del rapporto, realtà che comporta la necessità di occuparsi non soltanto del proprio rapporto di coppia ma anche del rapporto con gli altri.